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Comune di COLLEPARDO
(Frosinone) - Italia

La CROCE della VICENDA

Un tempo, quando non esisteva l’attuale strada carrozzabile, per andare da Collepardo alla Certosa di Trisulti si percorreva un’altra strada, naturalmente a piedi o a dorso di animale.

Dal paese, quella antica strada saliva alla Ranilze, passava per la Santissima, quindi scendeva a Porta Laduni, attraversava il Rio e risaliva per la Vicenda fino alle Cappellette, per raggiungere finalmente la Certosa.

Lungo il percorso, la località che viene chiamata “Vicènda” o “Vicènne” (in dialetto “Ucènna”) deve il suo nome al fatto che le coltivazioni di quei terreni si avvicendavano, cioè venivano effettuate a rotazione.

In quel luogo, da tempo immemorabile, era posta una grande croce di legno, piantata in una roccia.

Quella croce è riportata anche in una carta del 1761 conservata nell’Archivio storico comunale di Collepardo, della quale viene qui mostrata una parte:

Sulla carta stessa sono riportate le seguenti indicazioni:
- alla lettera A (in alto a destra): "Monastero di Trisulti";
- alla lettera G (al centro): "Cappella" (le attuali Cappellette);
- al numero 19: "Vicende del Monastero" (cioè il terreno di proprietà della Certosa);
- al numero 21 (sopra il 19): "Colle Aspro dove è un sasso con una croce di legno, alias Colle Martelocco".

 

Foto della fine anni '30:


I quattro più in alto sono, da sinistra, Massimino Sarandrea, Massimino Tolomei, Antonietta Santucci e Alberto Liberatori.
I primi tre seduti a sinistra sono i fratelli Egidi, poi col vestito bianco e nero Olimpia Sarandrea, quindi in piedi Lamberto Orfei.
Seduta con le gambe incrociate: Clelia Tagliaferri, poi Raniero... con la maglia a righe, il piccolo Cesidio Ianni in alto e, ultimo a destra in basso, Francesco Santucci.

 

Foto del 1946:


La donna a destra è Giovanna Bussiglieri (1928-1953).

 

Intorno agli anni ’60 quella croce è caduta, a causa dei venti e delle intemperie.

L'8 novembre 2008, per iniziativa di un gruppo di amici collepardesi, è stata installata nello stesso posto una nuova croce in ferro, benedetta dal parroco don Virginio Ciavardini.
Promotore dell'iniziativa è stato Vincenzo De Sanctis, con la collaborazione di Tito Rondinara, Andrea Ditacco e Giuseppino Caponera.

 


La seconda croce della Vicènda

Durante il periodo dell'occupazione (novembre 1943 - giugno 1944) i soldati tedeschi effettuavano le loro esercitazioni militari in località Santissima - Porta Laduni (nella zona dove è oggi il campeggio). Qui utilizzavano i giovani di Collepardo per tagliare il legname e costruire finti veicoli militari, con i quali si esercitavano simulando combattimenti. Qui piazzarono anche una mitragliatrice (vera) per fare il tiro a segno sul versante opposto della vallata, dove passava la vecchia strada per Trisulti.

Un giorno, precisamente l'8 marzo 1944 (*), presero di mira un uomo che stava percorrendo un tratto scoperto di quella strada, poco più in basso della Vicènda. Gli spararono ripetutamente finché non venne colpito ad una gamba e morì dissanguato: si chiamava Sisto Toti, aveva 73 anni, era di Alatri e spesso si recava alla Certosa per svolgere alcuni lavori per i monaci.

Su questo episodio Ezio Rondinara (1904-1997) ricordava: "Dopo che quell'anziano di Alatri morì, i tedeschi mi ordinarono di andare a recuperare il cadavere, insieme ad altre due persone. Volevano darmi un attrezzo di legno formato da due assi ed alcune tavole, che veniva usato per tirare fuori dalle stalle lo sterco dei cavalli. Io mi rifiutai decisamente di prenderlo e dissi che, una volta arrivato sul posto, avrei potuto tagliare qualche ramo dagli alberi e realizzare una specie di barella. Così feci e riuscii a trasportare quel povero cadavere al cimitero."

In quel luogo, a ricordo di quel caduto, fu poi piantata un'altra piccola croce metallica (foto a destra).


(dall'opuscolo di Maurizio Grande "I collepardesi e la guerra, dal Risorgimento alla Liberazione", 2004, pag. 35)
(*) nell'opuscolo è erroneamente indicato "8 aprile 1944".

 
Sisto Toti, nato ad Alatri il 16.2.1871
(foto dal Cimitero di Alatri)

 


A cura di Maurizio Grande
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